Il richiamo di Casa


Il richiamo di Casa

Riflessioni sul senso di non appartenenza e sulla nostalgia dell’anima

Ci sono momenti in cui, anche se tutto sembra andare bene, dentro di noi si muove un pensiero silenzioso: “Non mi sento davvero a casa qui.”
È una sensazione che spesso ignoriamo, presi dal ritmo degli impegni e delle aspettative, ma che riaffiora con forza nei momenti di stanchezza, malinconia o passaggio.

Questo disagio esistenziale non è un errore. È il segnale che la nostra anima ricorda un’altra dimora, una condizione interiore fatta di pace, amore, accoglienza.
Nel lavoro interiore e nella pratica spirituale, questo sentire diventa un punto di partenza: riconoscere che il mondo non può offrirci ciò che il nostro cuore cerca davvero.

Una nostalgia che viene da lontano

Spesso questa sensazione è accompagnata da un’immagine profonda e archetipica: quella di un bambino dentro di noi.
Un bambino sensibile, aperto, vulnerabile, che non ha dimenticato la dolcezza del suo vero luogo. Non è un’immagine psicologica, ma un’esperienza viva: quella parte pura in noi che sa che l’Amore esiste e che non si trova in ciò che il mondo promette.

Quando ci fermiamo in silenzio, se siamo disposti ad ascoltare davvero, quel bambino ci parla. Non con parole, ma con desideri autentici: tornare alla verità, smettere di combattere, ricordare chi siamo.

Non siamo sbagliati. Siamo in esilio.

Molte persone vivono questa sensazione come un fallimento personale: “Dovrei sentirmi meglio, essere più felice, essere più realizzato.”
Ma forse, non c’è nulla da aggiustare. Forse quello che proviamo è solo la voce di qualcosa di vero, che ci invita a smettere di cercare fuori e cominciare a tornare dentro.

Non si tratta di fuggire dal mondo, ma di riconoscere che non è la nostra vera origine. La nostra identità non si esaurisce nei ruoli che ricopriamo, nei successi ottenuti o nelle relazioni che viviamo.
Ciò che siamo davvero non può essere perso, ma può essere dimenticato. E allora inizia il viaggio del ritorno.

L’arte come strada verso Casa

Nel mio lavoro con l’arte terapia del colore, questo tema si presenta spesso in modo delicato ma potente.
Attraverso il colore, le mani e il sentire profondo, le persone iniziano a toccare quel senso di nostalgia senza parole.
A volte è un cielo che si apre, altre un paesaggio che non esiste in nessun luogo del mondo, eppure appare reale e riconoscibile.
Sono immagini che non derivano dall’ego, ma da quella parte interiore che ha sempre saputo dove si trova Casa.

Colori come l’azzurro, l’indaco o il rosa luminoso possono accompagnare questo processo: non guidano la mente, ma parlano direttamente all’anima.
Il gesto pittorico, quando nasce dal silenzio, diventa un atto sacro. E il foglio non è più uno spazio da riempire, ma una soglia attraverso cui ricordare.

Uno stato più che un luogo

Casa non è un luogo da raggiungere nel tempo.
È una condizione dell’essere, un ritorno al vero sentire, una riunificazione con ciò che è eterno in noi.
Ogni gesto di perdono, ogni momento di autenticità, ogni respiro consapevole può diventare un passo in quella direzione.

E quel bambino che ancora vive nel profondo di noi, ci accompagna con lo sguardo fiducioso di chi sa già la via.

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